La Svizzera e l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale e il Sahel: un partenariato vincente

Milioni di persone nell’Africa occidentale e nella zona del Sahel sono confrontate con molteplici sfide. I cambiamenti climatici, i conflitti armati, le crisi alimentari e l’aumento dei prezzi dell’energia colpiscono tutti, in particolare le fasce più vulnerabili della società. Il partenariato tra la Svizzera e l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale e il Sahel (UNOWAS) crea prospettive. Intervista a Carol Mottet della Divisione Pace e diritti umani del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).

Filo spinato e pneumatici su una strada sabbiosa in Africa. Sullo sfondo, due persone in moto.

Pace e sicurezza nell’Africa occidentale e nel Sahel. L’impegno della Svizzera e dell’UNOWAS nella regione si completano a vicenda. © Keystone

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha prorogato di tre anni il mandato dell’UNOWAS. La Svizzera sostiene le attività della missione sul campo come co-penholder nel Consiglio di sicurezza e come attore di politica estera. Dal 2022 l’UNOWAS è attivo in 16 Paesi della regione. 

Carol Mottet, seduta accanto a un uomo africano, parla al microfono durante un evento.
Carol Mottet, esperta di mediazione presso la Divisione Pace e diritti umani. © DFAE

La missione si adopera per la pace, la sicurezza e il buongoverno democratico in Paesi che sono o sono stati colpiti da conflitti o da crisi politiche.

Anche la Svizzera si impegna da tempo per la pace e lo sviluppo nella regione, ponendo l’accento sulla protezione della popolazione civile, sulla costruzione di una pace duratura e sulla sicurezza climatica, tutti settori prioritari anche per l’UNOWAS. Nell’intervista Carol Mottet, esperta di mediazione presso la Divisione Pace e diritti umani (DPDU) del DFAE, parla dell’impegno svizzero sul campo.

Come valuta l’attuale situazione nell’Africa occidentale e nel Sahel e quali sono le sfide più importanti da affrontare?

La situazione nell’Africa occidentale e nel Sahel centrale è molto diversa a seconda dei Paesi interessati. Tuttavia, si possono notare alcune tendenze generali. In primo piano spicca la violenza armata che perdura da oltre un decennio nel Sahel centrale (Mali, Niger e Burkina Faso), con un degrado significativo della situazione, in particolare per quanto riguarda le violenze e le sofferenze imposte alla popolazione. Inoltre, questa violenza armata si è estesa anche agli Stati costieri del Golfo di Guinea (Benin, Costa d’Avorio, Ghana e Togo). Si è innescata una vera e propria spirale, in cui si intrecciano le attività violente di diversi attori. Alla crisi della sicurezza e alle sue drammatiche conseguenze umanitarie si aggiunge una crisi politica in Mali, Burkina Faso e Guinea Conakry, Paesi in cui si è verificato un cambio di governo anticostituzionale, con ripercussioni anche sulle relazioni tra gli Stati della regione.

Vi sono inoltre altre sfide, come una popolazione molto giovane, moderna e vivace, ma confrontata a difficoltà di accesso all’istruzione, a una mancanza di prospettive economiche e professionali, e alla pesantezza delle tradizioni e di una governance poco inclusiva. Al centro di queste violenze ci sono anche le questioni fondiarie. L’Africa occidentale rimane comunque una terra di opportunità.

Una donna e dei bambini africani camminano lungo una strada polverosa.
La regione ha bisogno di una visione politica per il futuro, sostenuta dagli Stati e dai propri partner. © UN Photo/Harandane Dicko

Come bisogna rispondere a queste sfide?

Nonostante le massicce risposte militari e di sicurezza degli ultimi dieci anni, si constata che nulla è valso a ridurre la violenza o a rallentarne la diffusione, soprattutto nel Sahel centrale, ma ora anche nel Golfo di Guinea. Non posso però fare a meno di notare che queste misure di sicurezza si basano su decisioni prese soprattutto da uomini e alti responsabili, dato che le donne e i giovani non sono praticamente presenti in questi ambiti. Dobbiamo interrogarci maggiormente sulle cause di queste violenze e sulle risposte alternative da dare. La regione ha bisogno di una visione politica del suo futuro, sostenuta dai suoi Stati e fondata sulle aspirazioni delle sue popolazioni, con l’appoggio dei suoi partner. È in questo contesto che la Svizzera agisce presso i suoi numerosi partner nella regione, attraverso i suoi programmi di sviluppo e di pace.

Dobbiamo interrogarci maggiormente sulle cause di queste violenze e sulle risposte alternative da dare.
Carol Mottet, esperta di mediazione presso la DPDU

A febbraio il DFAE organizzerà insieme all’UNOWAS una conferenza per la prevenzione dell’estremismo violento a Dakar. Perché?

L’impegno della Svizzera nel campo della prevenzione dell’estremismo violento nell’Africa occidentale e la sua collaborazione con l’UNOWAS non sono una novità. Nel 2016 l’UNOWAS e la Svizzera, che proprio in quell’anno ha adottato un Piano d’azione di politica estera per prevenire l’estremismo violento, hanno lanciato l’iniziativa Conversazioni regionali per la prevenzione dell’estremismo violento nel Sahel sahariano, con tre incontri regionali: nel 2016 a Dakar, nel 2017 a N’Djamena e nel 2018 ad Algeri. La Svizzera ha inoltre avviato un programma attraverso il quale sostiene gli sforzi di prevenzione dei suoi partner nell’Africa occidentale, centrale e settentrionale; una quarantina di incontri, con oltre 2000 partecipanti, hanno incoraggiato la condivisione di esperienze, favorito l’emergere di alternative innovative e rafforzato le capacità di prevenzione della violenza.

La Conversazione regionale per la prevenzione dell’estremismo violento nel Sahel sahariano, nel 2017 a N’Djamena, la capitale del Ciad.
La Conversazione regionale per la prevenzione dell’estremismo violento nel Sahel sahariano, nel 2017 a N’Djamena, la capitale del Ciad. © DFAE

Sette anni dopo, di fronte a questa constatazione, l’UNOWAS e la Svizzera organizzano una nuova conferenza di alto livello, che si terrà a fine febbraio a Dakar: «Il grande appuntamento del 2023 per prevenire l’estremismo violento nell’Africa occidentale e centrale: realtà e prospettive».

Quali sono gli obiettivi della conferenza?

L’obiettivo principale è mobilitare la volontà dei responsabili politici e delle organizzazioni regionali affinché si impegnino più attivamente nella prevenzione come alternativa verso cambiamenti sostenibili.

A tal fine, porremo il dialogo al centro delle risposte da dare. Il dialogo è un modo di governare, di ascoltare la popolazione per rispondere meglio alle sue aspettative. La conferenza sarà uno spazio per portare avanti questo dialogo. Verranno affrontate diverse questioni centrali, in particolare le relazioni tra lo Stato e le cittadine e i cittadini, il ruolo delle forze di difesa e di sicurezza nel campo della prevenzione, le tensioni legate alla terra e al cambiamento climatico. Su questa base, verranno formulate raccomandazioni per gli Stati, per le varie parti interessate e per i partner affinché insieme intensifichino la prevenzione della violenza. 

Il partenariato tra la Svizzera e l’UNOWAS è una situazione vincente per tutti!
Carol Mottet, esperta di mediazione presso la DPDU

Che forma assume la cooperazione tra l’UNOWAS e la Svizzera nell’ambito della conferenza?

Le Nazioni Unite e la Svizzera condividono pienamente l’importanza che attribuiscono alla costruzione della pace e alla prevenzione della violenza nell’Africa occidentale. Il partenariato con l’UNOWAS ci permette di difendere questi valori e di lavorare insieme per trovare soluzioni politiche alle crisi della regione. Il partenariato tra la Svizzera e l’UNOWAS è una situazione vincente per tutti!

La Svizzera nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

Il 31 agosto 2022 il Consiglio federale ha adottato le seguenti quattro priorità tematiche per il seggio della Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell’ONU nel biennio 2023/24:

  • costruire una pace sostenibile
  • proteggere la popolazione civile
  • affrontare la questione della sicurezza climatica
  • rafforzare l’efficienza

Il seggio come membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU è la logica continuazione dell’impegno del nostro Paese per la pace e la sicurezza a livello globale. Secondo la Costituzione federale, infatti, la Svizzera deve dare un contributo alla coesistenza pacifica dei popoli e alla costruzione di un ordine internazionale giusto. Questo è anche l’obiettivo dichiarato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il 9 giugno 2022 l’Assemblea generale dell’ONU ha eletto la Svizzera membro non permanente del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Il mandato, della durata di due anni, inizierà il 1° gennaio 2023 e si concluderà il 31 dicembre 2024.

Notizie sul seggio della Svizzera nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

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