Riconsiderare il rapporto tra politica e statistica

La raccolta di dati e la produzione di statistiche si sono evolute nel corso degli ultimi anni. In tempi di pandemia di COVID-19, la necessità di elaborare indicatori affidabili e realistici sull’evoluzione e lo sviluppo del mondo impone alla statistica di adeguarsi costantemente. Ma come cambia la relazione tra politica e statistica?

Grafico sullo schermo di un computer con i membri del Consiglio federale sullo sfondo nel centro media di Palazzo federale.

In situazioni di crisi, il rapporto tra politica e statistica diventa sempre più stretto. Quale impatto ha tale circostanza sul lavoro degli esperti di statistica? © Keystone

All’inizio del 2020, il mondo è sprofondato in una crisi sanitaria di proporzioni inedite e inattese, che ha inciso in maniera drastica sulla vita quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo, piombate in un periodo di incertezza e sacrifici. La pandemia non ha soltanto messo in difficoltà il nostro sistema sanitario, ma ha anche frenato gli sforzi della comunità internazionale a favore dello sviluppo sostenibile. Queste realtà drammatiche e le relative risposte possono essere oggettivate unicamente mediante indagini al tempo stesso qualitative (adeguamento dei programmi) e quantitative (tramite la produzione di indicatori che traducono la realtà in cifre).

Sustainable Development goals Agenda 2030
© DFAE

Al giorno d’oggi questi dati sono in gran parte di pubblico dominio. Le statistiche relative alle persone che vivono sotto la soglia di povertà e in condizioni di malnutrizione nel mondo, all’entità dell’immigrazione, alle emissioni di gas serra, al tasso di disoccupazione giovanile nonché vari indicatori per calcolare la parità salariale, generazionale e di genere sono spesso utilizzati per comprendere la realtà che ci circonda. Le cifre in questione sono tutte indicatori statistici il cui scopo è fornire evidenze e coadiuvare il processo decisionale delle autorità. E se gli esperti di statistica non sono i soli a produrre indicatori, i dati numerici che costituiscono la materia prima del loro lavoro sono spesso presi a prestito e analizzati dai decisori politici.

Dati pubblici, indipendenti e apolitici

In questa prospettiva, dunque, la raccolta di dati e la produzione di statistiche sono soggette a una metodologia rigorosa in grado di assicurarne l’assoluta oggettività. «Il nostro lavoro e i suoi risultati costituiscono un bene pubblico», spiega André de Montmollin, statistico all’Ufficio federale di statistica. «Essi devono essere pubblicati, indipendentemente da quello che ci raccontano. In questo senso, l’UST è un organo neutro e indipendente».

l nostro lavoro e i suoi risultati costituiscono un bene pubblico.
André de Montmollin, statistico all’Ufficio federale di statistica (UST)

In qualità di servizio di utilità pubblica, la produzione di statistiche è pienamente indipendente dall'agenda politica. Il suo quadro di riferimento è unicamente scientifico e i suoi risultati sono liberamente accessibili, tranne i dati personali soggetti alla protezione dei dati. In diversi contesti, e in particolare nell’ambito della digitalizzazione, questi due mondi – politica e statistica – sono tuttavia interconnessi al punto da sollevare la questione dell’evoluzione futura della loro relazione.

Un forte divario tra le richieste della politica e le esigenze della statistica

Lo stretto legame che unisce il mondo politico e i produttori di statistiche è in costante evoluzione. Tale costatazione è anche la ragione per cui l’UST e il DFAE organizzano congiuntamente, in maniera ibrida, il Forum mondiale delle Nazioni Unite sui dati, in programma dal 3 al 6 ottobre 2021. Questo incontro intende mettere in evidenza le nuove sfide con cui devono fare i conti gli uffici di statistica in Svizzera e nel mondo, ossia il finanziamento dei dati, la gestione delle crisi e i vantaggi della digitalizzazione. In questi ambiti sussiste un divario sempre più grande tra le richieste della politica e le esigenze che la produzione statistica deve soddisfare.

Come possiamo continuare a offrire statistiche alla politica e su quali strumenti utilizzare per raggiungere tale scopo?
Benjamin Rothen, capo della Sezione Affari internazionali e nazionali dell’UST

«Abbiamo potuto notare che vari uffici non sono riusciti a produrre statistiche nei contesti di crisi», afferma Benjamin Rothen, capo della Sezione Affari internazionali e nazionali dell’UST. «Dobbiamo dunque riflettere nuovamente su come possiamo continuare a offrire statistiche alla politica e su quali strumenti utilizzare per raggiungere tale scopo». Secondo Rothen, la pressione del mondo politico per una migliore digitalizzazione e la creazione di cataloghi di metadati – vale a dire una piattaforma che consenta di localizzare più facilmente i dati esistenti – costituisce una delle questioni su cui occorre interrogarsi.

Per quanto concerne la Svizzera, si tratta concretamente della possibilità di ritrovare in un solo e unico catalogo i dati prodotti da tutti gli uffici federali (p. es. della salute pubblica, dell’energia o dell’informatica e della telecomunicazione). «Per noi, è necessario capire come possono essere utilizzati i dati della Confederazione. Si tratta di un vero cambiamento, ma occorre anche riflettere sul finanziamento di simili piattaforme».

Il ruolo del settore privato

L’accento sempre più forte posto sui dati è dunque una transizione che si manifesta in maniera sempre più evidente. Concretamente si tratta di capire quali dati sono accessibili in un determinato momento e come raccoglierli in modo più economico e rapido. Anche in questo campo, nell’arco di pochi anni – e ancor più in periodi di crisi – il settore privato ha iniziato ad assumere un ruolo importante.

Grandi imprese private raccolgono dati che possono essere utilizzati dagli Stati per produrre statistiche pubbliche.
Benjamin Rothen, capo della Sezione Affari internazionali e nazionali dell’UST

«A volte per determinati ambiti sono disponibili dati raccolti da grandi multinazionali», spiega Benjamin Rothen. «In certi Paesi, queste grandi imprese private raccolgono dati che possono essere utilizzati dagli Stati per produrre statistiche pubbliche. Essi non sostituiscono le statistiche pubbliche ma spesso servono a integrarle». Sempre secondo Benjamin Rothen, ciò solleva tuttavia la questione dell’indipendenza e della gratuità di tali dati, anche se alcune multinazionali li mettono a disposizione di governi, ONG e università senza chiedere un compenso. Occorre dunque riflettere in modo approfondito su queste multiformi relazioni tra settore privato, mondo politico e uffici di statistica. Tali relazioni non rappresentano una novità, ma implicano soprattutto una collaborazione più intensa tra questi tre attori.

Una migliore comprensione dei dati statistici al centro del Rapporto sullo sviluppo mondiale 2021

La crisi dovuta alla COVID-19 ha suscitato nuovi interrogativi sull’utilità e l’utilizzo dei dati statistici nel mondo odierno. Nel quadro delle ricerche a favore dello sviluppo sostenibile, i dati prodotti dagli uffici di statistica di tutto il mondo possono esercitare un’influenza enorme. Ma quali sono le nuove sfide in quest’ambito, emerse contestualmente alla crisi della COVID-19, e quali saranno i maggiori rischi legati alla produzione di statistiche?

La Banca Mondiale analizza in un nuovo rapporto la relazione tra l’essere umano e i dati statistici. Insieme alla DSC ha inoltre organizzato un evento virtuale, svoltosi il 14 settembre 2021, intitolato «Sfruttare il potere dei dati per una vita migliore – Rapporto sullo sviluppo mondiale 2021», in cui preconizza la realizzazione di un nuovo contratto sociale nel contesto internazionale. Tale proposta costituisce anche il tema di studio principale di un nuovo corso online aperto al pubblico (MOOC) che la Banca Mondiale ha allestito sulla base del rapporto in questione.

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