Secondo lei, in che misura la cultura può influire sullo sviluppo e contribuire a ridurre la povertà?
Prendiamo l’esempio della danza: trasmette fiducia in se stessi, permette di imparare a sentirsi a proprio agio davanti a un pubblico, dona dignità e consente di trovare un posto nella società. La cultura in generale può svolgere un ruolo importante nell’educazione dei giovani. Nei nostri quartieri i bambini sono a contatto con alcol e prostituzione, dormono per terra e sniffano la colla. Crescendo in un ambiente del genere, hanno buone probabilità di non integrarsi mai e di sprofondare nella violenza. La nostra compagnia di danza ha il progetto, molto concreto, di offrirgli un’alternativa. Vogliamo creare un centro per offrire attività che permettano a questi ragazzi di indirizzarsi, tenersi occupati e, in ultima analisi, formarsi come ballerini o percussionisti.
Quale messaggio volevate far passare nel vostro spettacolo «Ichane ou C’était Dieu que je cherchais» presentato a Friburgo nel luglio 2013?
Come tutte le pièce che produciamo, questa parla fondamentalmente dell’identità e dell’accettazione dell’altro. Gli spettacoli devono emozionare il pubblico, provocare una reazione. Per farlo, attingo le mie idee dalle cose che vivo, da quel che sento. Un esempio: dopo essere stato insultato e trattato di scimmia durante un viaggio in Nordafrica, ho espresso la mia collera creando l’assolo «Sans racine», che denuncia la violenza legata all’origine e alla razza.
Cosa rappresenta per Lei l’accesso alla scena internazionale?
È una tappa fondamentale per il riconoscimento del nostro lavoro. Quando ho preso la strada della danza mi sono temporaneamente allontanato da una parte delle persone che mi stavano vicino e non capivano il mio progetto. La prima volta che sono andato all’aeroporto di N’Djaména per esibirmi all’estero la mia famiglia mi ha seguito fin lì perché non ci credeva. Oggi le cose stanno diversamente. La collaborazione con la Svizzera e la coreografa friburghese Tonia Schilling ci ha dato molta speranza. Lo Stato stesso, in Ciad, ha sostenuto finanziariamente la nostra trasferta in Svizzera. È una cosa piuttosto rara per meritare di essere sottolineata, ma è un segnale forte sull’importanza del nostro lavoro per l’identità e l’immagine del nostro Paese.