26.04.2024

Address by Ignazio Cassis, Federal Councillor and Head of Federal Department of Foreign Affairs (FDEA) - check against delivery

Speaker: Cassis Ignazio; Head of Department, Ignazio Cassis

Signor Presidente del Governo,
Signora direttrice di economiesuisse,
Signori presidente, vicepresidente e direttore della Camera di Commercio ticinese,
Signora ambasciatrice svizzera a Bruxelles,
Stimate autorità politiche
Gentili signore e signori

GRAZIE per l’invito.
È importante per me, e per il Consiglio federale che rappresento, condividere con voi alcune riflessioni sullo stato di salute del nostro Paese. Più siamo consapevoli del contesto in cui viviamo, più saremo in grado di prendere le decisioni che disegneranno il futuro dei nostri figli e nipoti.

La maggior parte di voi sa che sono un medico. La mia formazione professionale è la lente attraverso cui leggo il mondo. Se osservo la Svizzera attraverso questa lente vedo senza dubbio un Paese sano e forte, ma anche un Paese sempre più soggetto ad acciacchi.

Quali fattori influiscono sulla salute del nostro Paese? Stiamo contraendo malattie che arrivano dall’estero? Come dobbiamo cambiare le nostre abitudini per rimanere in buona salute?  

Quando una persona si ammala, dapprima si trattano i sintomi e si attende che passino.
Ma a volte i sintomi permangono o addirittura peggiorano. Allora bisogna cercare la causa. Possono essere fattori esterni, come l’inquinamento dell’aria, o interni, come la mancanza di esercizio fisico o problemi cardiaci. Fatta la diagnosi, si inizia la terapia.

Bisogna assumere farmaci o magari sottoporsi a una chemioterapia. Un’altra possibilità, meno invasiva ma non per questo più semplice, consiste nel modificare i propri comportamenti, come le abitudini alimentari o l’esercizio fisico.

Signore e signori,
in politica non è molto diverso: finché la situazione non è troppo grave, possiamo occuparci dei sintomi.
Ma quando i sintomi derivano da un malessere più generale che si protrae, allora il trattamento diventa più invasivo.

Questo malessere è un mondo che sta cambiando in maniera radicale. Questo malessere impone che il nostro corpo, lo Stato, reagisca alle condizioni esterne, il mondo.

Stasera voglio provare a fare una diagnosi globale per poi tratteggiare il modo in cui possiamo curarci.

La diagnosi

Viviamo un’incertezza fuori del comune. Potenze emergenti sfidano l’equilibrio cui siamo abituati. L’ascesa della Cina a potenza economica e militare ha vaste conseguenze sull’ordine economico e sulla sicurezza globali. Anche la Russia vuole essere un attore globale. La Turchia, ma pure il Brasile, l’Iran, la Nigeria, l’Africa del Sud e l’Arabia saudita sono ormai forze che influenzano il mondo.

Le alleanze storiche sono messe alla prova. L’Europa attraversa profondi mutamenti politici ed economici. L’epoca in cui si poteva credere al sogno di una pace perenne è alle nostre spalle.

Alle porte del nostro continente infiammano conflitti in Ucraina, in Medio Oriente, nei Balcani e in Armenia. L’Africa è segnata da una serie di colpi di Stato all’origine di guerre, distruzione e flussi migratori. Il presidente della Società Svizzera degli Ufficiali, durante l’ultima assemblea svoltasi proprio qui a Lugano, ha parlato di un «ring of fire»: un cerchio di fuoco attorno a noi. Cresce anche il peso di nuove minacce, come gli attacchi informatici e le guerre ibride.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove l’anno scorso e quest’anno abbiamo un seggio, ha una capacità di azione limitata e anche le poche risoluzioni adottate vengono raramente attuate.

In parallelo, il crescente protezionismo di molti Paesi sta portando all’erosione dei sistemi commerciali nati dopo la Seconda guerra mondiale. Questa tendenza verso una politica di stampo «America / China / India / Europe first» minaccia un nostro organo vitale: l’esportazione. La prosperità del nostro Paese è infatti frutto di una struttura economica aperta al resto del mondo.

Intanto le democrazie affrontano mesi determinanti: nel 2024 si terranno elezioni in due terzi degli Stati con un ordinamento democratico. Negli ultimi 17 anni il numero di Paesi le cui libertà politiche sono retrocesse è maggiore rispetto a quelli che hanno registrato progressi.
Oggi solo il 13% della popolazione mondiale vive in democrazie liberali, mentre oltre il 50% vive in sistemi autocratici.

Signore e signori,

non è mia intenzione affliggervi, ma è mio compito essere chiaro: il mondo non è in buona salute!
E in Svizzera stiamo appena cominciando a percepirne le conseguenze. I sintomi perdurano e la situazione si fa seria.

Decisione del CF e prossimi passi

Spetta anche a noi agire… e possiamo farlo! Dobbiamo curare questi sintomi prima che si manifestino malattie gravi. Possiamo farlo con decisioni ponderate e indirizzi strategici.

Il dossier europeo assume in questo contesto un ruolo chiave. Per almeno tre ragioni:

1.    la prima è la situazione internazionale appena descritta: l’instabilità che ci circonda va presa sul serio.
2.    la seconda è la geografia. Siamo nel cuore del continente europeo. I contatti con i Paesi vicini ci offrono spazi di vita comune, sicurezza e prevedibilità: beni inestimabili. Mantenere buone relazioni con i vicini è essenziale, proprio come nella vita privata.
3.    la terza è la prosperità: la nostra economia –sebbene ancora buona nel confronto internazionale – subisce la pressione delle varie crisi mondiali.

Siamo nel 2024 e cito quello che il mio predecessore Flavio Cotti diceva nel 1997, quasi trent’anni fa: «L’autonomia e la sovranità di uno Stato sono oggi rafforzate dal fatto che quest’ultimo sia presente dove vengono adottate le decisioni che lo riguardano».

In altre parole: per prenderci cura della nostra autonomia dobbiamo tessere legami solidi con il continente dove viviamo e con il suo principale attore, l’UE.

Questo tema occupa da oltre 15 anni l’agenda politica svizzera e suscita vivaci controversie.
Un primo tentativo, dopo un decennio di discussioni, si è concluso con uno stallo. Il Consiglio federale ha quindi deciso di chiudere il cantiere: era l’accordo quadro istituzionale.

È seguìto un accurato lavoro di chiarimenti e ricostruzione della fiducia:

  • sul piano esterno con l’Unione europea,
  • ma anche su quello interno con i principali partner svizzeri (Parlamento, Cantoni, partner sociali, economici e scientifici).


Abbiamo svolto circa 70 discussioni esplorative con l'UE (a livello politico, diplomatico e tecnico) e tenuto altri 70 incontri in Svizzera.

Al termine di questo processo il Consiglio federale ha constatato che le basi su cui costruire un nuovo accordo sono oggi solide: la risposta positiva dei Cantoni (24 favorevoli tra cui il Ticino, un astenuto e un contrario) e le oltre 20 sedute di diverse commissioni del Parlamento lo hanno confermato.

Da metà marzo Svizzera e UE sono dunque di nuovo al tavolo dei negoziati con l’obiettivo di stabilizzare ed estendere la via bilaterale.

Che cosa è cambiato rispetto al primo tentativo?
Il problema principale con il cosiddetto accordo quadro era legato alla modifica sostanziale dell’architettura delle nostre relazioni.

Fino ad oggi abbiamo infatti contratti settoriali: i cosiddetti accordi bilaterali. Sono essenzialmente di natura economica e riguardano per esempio il trasporto aereo, quello terrestre, l’accesso al mercato europeo per prodotti industriali e alimentari e la libera circolazione delle persone.
Il tema è dunque principalmente quello dell’accesso al mercato europeo.

L’accordo “quadro” – come indica il nome – avrebbe invece aggiunto una dimensione trasversale con regole integrative che nel tempo avrebbero potuto includere anche altri settori, ciò che il Consiglio federale non ha voluto.

Il Consiglio federale ha deciso di rimanere sull’architettura verticale, quella che conosciamo da 25 anni e che ci ha dato sicurezza e prosperità.

Lavoriamo insomma a una sorta di pacchetto “Bilaterali III”. Esso racchiude diversi elementi:
gli accordi esistenti ma anche due nuovi accordi in ambito elettrico e di sicurezza alimentare, come pure la cooperazione in settori come la ricerca o la gestione di crisi sanitarie.

Le questioni istituzionali saranno ancorate separatamente in ognuno degli accordi di accesso al mercato, tenendo conto delle necessarie eccezioni per proteggere i nostri interessi, e cioè:

  • non indebolire i nostri sistemi sociali,
  • non deteriorare la protezione dei salari,
  • non toccare la nostra struttura costituzionale e giuridica,
  • non sottometterci a corti straniere.

Tra poco la nostra ambasciatrice presso l’UE, Rita Adam, vi spiegherà nel dettaglio quel che il pacchetto contiene e il modo con cui stiamo negoziando.

Il Consiglio federale ritiene che stiamo andando nella buona direzione per tutti noi, cittadine e cittadini svizzeri. Naturalmente bisognerà vedere il risultato finale. Il CF lo valuterà e, se sarà soddisfatto, lo porrà in consultazione.
Sarà poi discusso in Parlamento e infine sottoposto a decisione popolare.

Una necessità strategica

Signore e signori,

il tema delle nostre relazioni con l’UE è di grande importanza per la Svizzera.

Il Consiglio federale è cosciente che questo tema travalica la politica economica per toccare anche corde identitarie e aspetti storici.

D’altro canto conosciamo bene la via bilaterale e abbiamo imparato a gestirla con successo. La nostra sicurezza e prosperità è stata raramente così grande come negli ultimi 25 anni. Continuare su questa strada è un imperativo.

Il mondo oggi è diventato più rude e incerto. Il peso geopolitico dell'Europa - Svizzera compresa - sta diminuendo.

Ciò che la Svizzera vuole lo dice l’art. 2 della Costituzione: libertà, sicurezza, indipendenza e prosperità.

In questo contesto, siamo chiamati a rimanere uniti e rafforzare il nostro continente, preservando le nostre caratteristiche tipicamente svizzere.

Signore e signori

La geografia è politica.

L'approccio bilaterale con l'UE è molto più di una decisione pragmatica. Per il Consiglio federale è una necessità strategica.

Vi ringrazio per l’attenzione.


Address for enquiries:

FDFA Communication
Federal Palace West Wing
CH-3003 Bern, Switzerland
Tel. Press service: +41 58 460 55 55
E-mail: kommunikation@eda.admin.ch
Twitter: @SwissMFA


Publisher:

Federal Department of Foreign Affairs


Last update 29.01.2022

Contact

FDFA Communication

Federal Palace West
3003 Bern

Phone (for journalists only):
+41 58 460 55 55

Phone (for all other requests):
+41 58 462 31 53

Start of page