Berna, Comunicato stampa, 15.10.2009

Un’insufficiente rielaborazione del passato può far divampare nuovamente i conflitti. Con il suo impegno internazionale in questo settore, la Svizzera vuole contribuire ad impedire che ciò avvenga. Tenutasi oggi a Berna, la conferenza annuale della Divisione Politica IV, Sicurezza umana ha messo principalmente in luce la responsabilità dello Stato, la quale è stata esaminata da prospettive diverse. La consigliera federale Micheline Calmy-Rey, l’alta commissaria dell’ONU per i diritti dell’uomo, Navanethem Pillay, Richard Goldstone, capo della missione dell’ONU a Gaza e altre personalità provenienti dalla Svizzera e dall’estero hanno partecipato a questa conferenza pubblica che ha riunito oltre 450 persone.

In che modo gli Stati possono assumersi le loro responsabilità affinché, dopo un conflitto, sia fatta luce sulle ingiustizie commesse, gli autori delle stesse siano chiamati a renderne conto, siano riabilitate e risarcite le vittime e sia posta fine alla violazione dei diritti dell’uomo? Questi interrogativi sono stati al centro della conferenza di oggi, tenutasi a Berna presso lo Stade de Suisse.  

Nella sua allocuzione d’apertura la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha porto il saluto alle personalità che sono giunte da numerosi Paesi (Nepal, Guatemala, Sudafrica, Marocco, Ruanda e Balcani) per uno scambio di conoscenze e di esperienze e ha illustrato la complessità della tematica. Inoltre ha sottolineato l’importanza di una lotta sistematica e coerente contro l’impunità. Calmy-Rey ha illustrato come, nel quadro multilaterale – ad esempio in forma di risoluzioni nel Consiglio dei diritti dell’uomo dell’ONU o mediante un ulteriore sviluppo di norme e standard internazionali – come pure a livello bilaterale, la Svizzera metta a disposizione le sue conoscenze, com’è il caso ad esempio in Nepal, Indonesia, Colombia o Guatemala.  

Dopo una serie di dibattiti il segretario di Stato Michael Ambühl si è soffermato tra l’altro sull’applicazione lacunosa di norme esistenti, in particolare nella prevenzione del genocidio, nella protezione della popolazione civile e nella lotta contro l’impunità. Egli ha sottolineato l’importanza della risoluzione recentemente adottata dalla Svizzera nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, con la quale il segretario generale dell’ONU s’impegna a non accettare gli accordi di pace che prevedono amnistie per genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di guerra o massicce violazioni dei diritti dell’uomo.  

I seminari pomeridiani sono stati dedicati ai quattro principi Joinet. Adottati nel 1997 dalla Commissione dei diritti dell’uomo, tali principi che identificano quattro aree chiave nella lotta contro l’impunità – il diritto di conoscere la verità, il diritto alla giustizia, il diritto al risarcimento e la garanzia di non ripetizione – e costituiscono il quadro concettuale per la rielaborazione del passato.

Nel dibattito conclusivo il presidente della Commissione della politica estera e membro della Commissione della politica di sicurezza, Geri Müller, la giornalista Carole Vann, specializzata sul tema dei diritti dell’uomo, e l’ambasciatore Thomas Greminger, capo della Divisione Politica IV, hanno spiegato in quale modo la Svizzera potrebbe ulteriormente migliorare il suo impegno in questo settore.    


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