- Home
- DFAE
- Attualità
-
Comunicati stampa
Comunicati stampa
Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (OSM) scadranno alla fine del 2015. Qual è il bilancio della DSC sul proprio intervento per garantire l’accesso a cure sanitarie alle persone più vulnerabili?
Rallegra sicuramente il fatto che tre obiettivi legati alla salute, ovvero la riduzione della mortalità infantile, il miglioramento dello stato di salute delle madri e la lotta contro l'AIDS, il paludismo e altre malattie trasmissibili siano stati inseriti nell'agenda internazionale nel quadro degli OSM. Ciò ha permesso di raccogliere una quantità enorme di fondi destinata a migliorare la salute delle popolazione svantaggiate. Questo volume ingente di denaro ha però creato una distorsione difficile da gestire a livello degli approcci di sviluppo fissati. I cosiddetti «fondi verticali» destinati a malattie specifiche come l'AIDS o il paludismo hanno cominciato a inondare i Paesi del Sud di medicinali e materiale, monopolizzando spesso le strutture sanitarie esistenti. Questo aspetto non è sempre stato benefico per le cure sanitarie di base nei Paesi beneficiari.
Chi ne ha sofferto e perché?
Immaginate gran parte del personale sanitario di un Paese che viene «assorbito» da programmi di assistenza medica offerti «chiavi in mano» e dotati di grandi budget. Quali medici e infermieri rimangono a disposizione e hanno la formazione necessaria per trattare semplici casi di diarrea o infezione alle vie respiratorie che, guarda caso, rappresentano le prime cause di mortalità tra i bambini con meno di 5 anni, a livello mondiale?
Come può intervenire la DSC per dare una nuova impostazione a certe procedure?
Credo che il nostro punto di forza sia quello di essere una struttura di piccole dimensioni dove ci conosciamo tutti, o quasi. Intendo dire che in questo modo le informazioni che raccogliamo sul terreno, nei Paesi in cui interveniamo, possono essere facilmente trasmesse a Berna. In seguito impieghiamo queste informazioni per sensibilizzare i pool di donatori a livello multilaterale e le stesse organizzazioni internazionali sull'importanza di passare attraverso strutture di cura già presenti nei Paesi. Faccio due esempi: in Tanzania, la DSC ha a lungo sostenuto una cellula di coordinamento nazionale di lotta contro il paludismo, fornendo mezzi tecnici e finanziari. Giunta a maturazione, questa cellula ha informato tutti i finanziatori che i fondi destinati alla prevenzione e al trattamento del paludismo dovevano passare dalla sua struttura, in modo tale che i vari aiuti potessero essere coordinati e decisi su base nazionale. Il secondo esempio concerne l'intensa e proficua attività di lobbying effettuata assieme ad altri organi in favore dei sistemi sanitari nazionali presso il Fondo globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria. Gli appelli per presentare progetti destinati in modo specifico a «consolidare i sistemi sanitari» sono stati infine pubblicati dal Fondo. Secondo noi, questa è stata una vera rivoluzione nel modo di operare.
Dopo gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è ora in corso di negoziazione a livello internazionale un'«Agenda post-2015». Una nuova occasione per la DSC per far valere le proprie posizioni?
Certamente. Due piani d'azione «post-2015» sono attualmente in fase di discussione nell’ambito sanitario. Il primo concerne esclusivamente il settore sanitario e ha l’obiettivo di instaurare una copertura sanitaria universale. Quest’obiettivo è importante e lo sosteniamo quale indicatore essenziale nell’ambito della salute. Tuttavia la DSC preferisce privilegiare l’altro approccio, più legato alla natura multisettoriale della problematica della salute. Ciò significa che è fondamentale includere ancora di più nella riflessione le componenti sociali, educative o igieniche che condizionano la salute. Solo così contribuiremo a raggiungere il nostro obiettivo ultimo che consiste ad incrementare al massimo le opportunità di salute per tutti in tutte le fasi della vita.