14.09.2021

Bern, 14 September 2021 - Check against delivery

Speaker: Cassis Ignazio; Head of Department, Ignazio Cassis

Signor Presidente della Delegazione parlamentare per le relazioni con l'Italia Marco Chiesa,
Sua eccellenza Ambasciatore d'Italia Silvio Mignano,
Onorevoli deputati del Parlamento svizzero,
Onorevole deputato del Parlamento italiano Massimo Ungaro,
Onorevole Consigliere di Stato del Canton Grigioni Jon Domenic Parolini,
Signori Consoli generali d'Italia,
Signore e signori rappresentanti dell'accademia,
Eccellenze,
Signore e signori

Dante Alighieri fu un politico; un medico; e il padre della nostra lingua.
Potervi parlare stasera, come politico, come medico, e come rappresentante di questa lingua e cultura nel Governo svizzero, è uno di quei casi fortuiti talmente belli da non sembrare veri.

Permettetemi dunque di consacrare qualche parola a ciascuno di questi tre aspetti.

Il Dante politico. Anzi, diplomatico e politico. Fu dapprima inviato in missione diplomatica a San Gimignano, poi divenne priore a Firenze, anche se per breve tempo. Mi affascina il suo essere al contempo impegnato per la causa pubblica, immerso fino al collo nelle aspre lotte del suo tempo, ma anche capace di produrre scritti e poesia di un livello elevatissimo di contemplazione. Azione e contemplazione. Questo connubio dovrebbe essere proprio di ogni persona chiamata ad assumere una responsabilità per la collettività.

Dante pagò care le conseguenze del suo impegno politico – fu condannato ed esiliato. Ma a queste stesse conseguenze dobbiamo, probabilmente, la sua prolifica produzione letteraria, che finì per lasciare profonde tracce a livello sociale, oltre che culturale. Non si può mai sapere in che modo la nostra azione potrà essere utile, ma certamente lo studio continuo e la fedeltà ai propri valori costituiscono la via maestra da seguire.

Il Dante medico. Un aspetto, questo, meno noto e su cui non abbiamo informazioni esaustive. Sappiamo però che Dante iniziò la sua attività politica iscrivendosi, nel 1295, alla corporazione dei medici e degli speziali. Molti studiosi hanno poi rilevato come la Commedia sia ricca di legami con il mondo della medicina e della chirurgia. Secondo la professoressa di storia della medicina Donatella Lippi, l’abito rosso e bianco che Dante porta nelle raffigurazioni corrisponde alla veste che a Firenze indossavano solo i medici. Infine, Dante amava Beatrice, il cui padre Folco Portinari fondò l’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, uno dei più antichi in Europa.

Anche questo connubio – conoscenze mediche e impegno politico – mi è molto caro, tanto è vero che tanti anni fa, dopo aver praticato la medicina interna, scelsi di specializzarmi in salute pubblica. Allora mi occupavo soprattutto di malattie sessualmente trasmissibili, poi di pandemie come la Sars o l’influenza suina. Oggi siamo confrontati con una pandemia globale che ci ha toccato duramente – ma al di là di questa tragica crisi, ogni azione politica dovrebbe sempre avere ben in mente il suo destinatario, ovvero l’essere umano nella sua fisicità e nella sua spiritualità.

Concludo con il Dante linguista e letterato. O meglio, qui passo volentieri la parola a chi ne sa molto più di me. Mi limito a dire che mi impressiona pensare che la Commedia nacque prima della diffusione della stampa in Europa, e che si trasmise capillarmente grazie alle persone che la ricopiarono a mano. Un passaparola ben più complesso rispetto a quelli che conosciamo nella nostra società iperconnessa. Un passaparola che ebbe per merito non solo di trasmettere i contenuti di un’opera di grande valore, ma anche di ancorare nel territorio che divenne poi l’Italia la nostra lingua.

A quei tempi sia il territorio oggi italiano che quello svizzero erano contraddistinti da una grande frammentazione del potere. L’Italia era in preda a lotte tra fazioni locali, mentre in Svizzera si costituiva il primo nucleo della Confederazione per difendersi dai poteri circostanti, un nucleo che era ancora lontano da quella pluralità di lingue e culture che conosciamo oggi.

Oggi siamo fieri e grati, cari ospiti italiani, di condividere con voi questa lingua e cultura che, se non potessi dire certe cose nel mio ruolo, definirei senz’altro la più bella al mondo.

Vi ringrazio per l’attenzione.


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